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giovedì 21 agosto 2014

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20-08-2014

Prescrizione e diritticidio


Come con il tassello per il cocomero, ci sarà un modo, il prossimo 29 agosto, quando il Consiglio dei ministri dovrebbe varare provvedimenti e disegni relativi alla giustizia, per sapere cosa si nasconde sotto la buccia: guardare alla prescrizione. Sarà il sintomo rivelatore.
Ci sono tre possibilità. La prima è che quel tema non ci sia proprio, che decidano di rinviarlo a un secondo momento, dopo l’apposito approfondimento. In quel caso siamo nell’anticamera del flop. I soliti annunci che non preludono a fatti significativi. Vorrà dire che ha fatto breccia il consiglio del presidente della Repubblica: si evitino scelte divisive. Del resto, non solo l’avviso presidenziale ha preceduto le mosse del governo, ma il ministro della giustizia si è recato a illustrare e concordare le proprie iniziative al Colle, prima di sottoporle al giudizio delle forze parlamentari. Forse per dimostrare che della Costituzione c’è poco da conservare, visto che non la si deve osservare. A parte, comunque, che le democrazie funzionano proprio sulla base delle divisioni e della contabilizzazione dei consensi da una parte e dall’altra, ma divisivo da chi? Non risultando accesi focolai di dissenso politico s’intende che non è il caso di dividersi troppo dalla corporazione togata. Nel qual caso, appunto, sarà il nulla.
La seconda possibilità è che si riveda la prescrizione allungandola. In questo caso non sarebbe un flop, ma il trionfo della malagiustizia. Supporre di propiziare processi più veloci allungando la prescrizione, quindi la loro ipotetica durata, è talmente assurdo da non meritare spiegazione ulteriore. Mi preoccupo non solo perché in quello sciagurato senso ci sono state alcune anticipazioni, ma l’allungamento della prescrizione è stato chiesto anche in campo fiscale. Le cose stanno così: la prescrizione, ovvero la cessazione, nel tempo, della pretesa punitiva dello Stato, è il presupposto indispensabile per parlare di cittadini e non di sudditi tendenzialmente schiavi; esiste in tutti i sistemi civilizzati e deriva dal diritto romano; allungarla non serve a condannare i colpevoli (come populisticamente si fa credere), ma ad assolvere lo Stato che non sa fare il proprio mestiere. Si dice: ma una volta iniziato il processo la prescrizione va fermata. Nei sistemi dittatoriali e teocratici. Forse. Non nei sistemi di diritto, perché un cittadino non può essere condannato a restare sotto processo né per una vita, né per un tempo irragionevole. Pare che la proposta del governo sia la seguente: la prescrizione si ferma e allunga solo in caso di condanna in primo grado. Abominevole: il processo deve essere equo e in tempi ragionevoli a difesa della collettività, mica come bonus che si conquista con l’innocenza. Senza considerare l’irragionevolezza di ritenere possibile allontanare il giudizio definitivo per i probabili colpevoli. Roba da pura scuola di diritto delinquenziale. Tutte cose ovvie, per chi abbia anche solo fugacemente frequentato una biblioteca

continua http://www.davidegiacalone.it/giustizia/prescrizione-e-diritticidio/

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